1961. ”Il giorno della civetta”, Leonardo Sciascia. Don Mariano Arena, boss, si rivolge al capitano dei Carabinieri, Bellodi, e pronuncia la “famosa frase”… . Il termine “quaquaraquà”, e le frasi che di seguito riporto, diventeranno il simbolo della cultura popolare, collegata al mondo dei mafiosi, alla mentalità, e alle regole che la costituiscono. Ma non è della mafia che voglio parlare.
“Io ho una certa pratica del mondo. E quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i pigliainculo e i quaquaraquà”. Pochissimi gli uomini, i mezz’uomini pochi, ché mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini. E invece no, scende ancora più giù, agli ominicchi, che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi. E ancora più giù, i pigliainculo, che vanno diventando un esercito. E infine i quaquaraquà. Che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre. Lei, anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è un uomo”.
Cosa voglio dire. Rispetto a quello che ha scritto Leonardo Sciascia, cosa è cambiato oggi, in questa società costituita sicuramente da uomini, ma soprattutto da mezzi uomini, ominicchi, piagliainculo e quaraquaqua? Nulla. Si è solo aggiunta un’altra categoria: gli uomini di mmerda, con due emme.
Gli uomini sono merce rara e preziosa. Ovvio. I mezzi uomini, fa intendere Sciascia, sono uomini preziosi, forse perché interpreta il loro ruolo come quello delle formichine, che tirano il carro al posto dei buoi, eroicamente, e non alzano mai la voce. Non è colpa di questi, se hanno poco coraggio. Il coraggio non si compra al supermercato, ma nello stesso tempo, non si può condannare chi non ce l’ha.
I “quaquaraquà” invece, sono diventati un genere di prima necessità, in questo Paese.Sciascia lo scriveva negli anni sessanta. Più di cinquat’anni fa. Un vero e proprio prodotto di consumo. Una sintesi di quello che è lo spaccato della vita di oggi, in tutti i campi.
Mio nonno Nicola, Cavaliere della Repubblica, eroe della Seconda Guerra Mondiale, come tanti suoi coetanei ex-combattenti, non ha mai creduto in questa politica. Avevo 5 anni, quando un giorno, un sabato mattina, lo accompagnai in una caserma della mia Città, per ritirare una medaglia e un foglietto di carta, dove era scritto che “era diventato cavaliere”, e tutto il resto. Ricordo che terminata la cerimonia, appena in strada, mi regalò la medaglia, il foglietto e tutta la sua delusione, riportandola in una dedica. Un foglietto di carta raccolto per strada, ancora utilizzabile, e vi impresse, con la “storica” penna che nascondeva dietro al fazzoletto bianco del taschino di tutti i suoi elegantissimi vestiti color pastello. D’estate e d’inverno. Sempre colori chiari: “L’Italia per cui ho combattuto, è solo un pezzo di metallo e una montagna di carta, che vi travolgerà. Ed io, vecchio e malato, sono responsabile per non aver fatto nulla di più che il mio dovere”. Parole dure, impresse nella mia mente, che prima non capivo. Ma dopo molti anni, ho capito molto bene, rileggendo un miliardo di volte quella frase, che non ho mai imparato a memoria. Conservo ancora quel foglietto. Anzi, un pezzo di “carta di strada”, che man mano che passano gli anni, ora i decenni, mi sembra sempre più bello. E attuale.
Son passati 45 anni. In un soffio di vento. Non è trascorso giorno in cui non ho pensato a quelle parole. E questa è la prima volta che le riprendo per qualcuno, che non siano i miei ricordi. Nonno ha vissuto questa nuova Italia del dopo guerra, fino alla metà degli anni ottanta. Ha donato, come tanti ragazzi di allora, la sua giovinezza a questo Paese, per regalare una Nazione giusta ai suoi figli, ma soprattutto ai suoi nipoti. Ma nello stesso tempo, anche se ero piccolino, leggevo nei suoi occhi una sconcertante voglia che fosse tutto vero, con altrettanto sconcertante consapevolezza che purtroppo, si sarebbe rivelato un grande bluff. Come è stato. Tutto uguale a come era allora. Non è cambiato nulla.
Gli ominicchi, ed i pigliainculo fanno piccolo questo paese. Che un tempo fu grande. Gli uomini sono le vittime. I quaraquaqua, fanno le leggi. Gli uomini di mmerda, tirano il carro dei sacrifici, con masochismo, provando un piacere perverso di condivisione del crimine autorizzato, giustificandolo, tollerandolo e alimentandolo con naturale indole da perdente, caratteristica tipica dei mezzi uomini e mezze bestie. Questo è il mio personale pensiero. Gli uomini “mezzi uomini” di Sciascia, oggi scrutano l’orizzonte e non parlano, non intervengono. I piaglianculo, gli ominicchi… .
La verità è anche un’altra. In questo grande caos, i ruoli che Leonardo Sciascia aveva stabilito che fossero, come i gironi danteschi, i vari livelli di questa società malata, oggi si rivelano falsi pure questi, perché la confusione rende sovrana. L’appiattimento, è così presente nella società, che il livellamento intellettuale, culturale, politico, si rivela fatale, per la buona riuscita di qualsiasi programma serio di sviluppo, non solo economico, ma della sopravivenza stessa di questo pezzo di umanità, meglio noto come Popolo Italiano. Forse sarebbe stato meglio avere una differenza tra persone, piuttosto che il nulla assoluto.
Mio nonno diceva che avere a che fare con i cretini è pericoloso. Aveva ragione!
di Roberto Iacobone su notizie tiscali
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