MONACIZZO – Pietrino Vanacore è morto per annegamento. I suoi polmoni erano completamente intrisi d’acqua mentre nello stomaco non erano visibili tracce di veleno o altro liquido (si cercava il diserbante di colore azzurro cupo). Sul corpo non erano presenti traumi o altri segni di violenza. E’ questo, in sintesi, l’esito dell’autopsia effettuata ieri dal medico legale Massimo Sarcinella. Almeno per quanto si poteva trovare ad occhio nudo, perché saranno gli esami istologici e farmacologici, sulle parti organiche prelevate, a dare risposta alla domanda che a questo punto tutti si pongono: quale potente sostanza può avere ingerito Vanacore per provocargli uno stato d’incoscienza profondo da permettere al suo organismo, sommerso in così poca acqua, di subire passivamente l’inondazione dell’apparato respiratorio sino alla morte? «Ci vorranno almeno trenta giorni per scoprirlo», dichiara il medico legale Sarcinella. Che torna a dire: «L’unico dato obiettivo è che a determinare la morte è stata una sindrome da annegamento».
Ora la mano passa alla magistratura e ai carabinieri della compagnia di Manduria diretta dal capitano Luigi Imperatore che indagano sull’unica ipotesi di reato possibile: l’istigazione e induzione al suicidio nei confronti d’ignoti. Questa è stata la formulazione data all’inchiesta del pubblico ministero Maurizio Carbone il quale, in attesa dei risultati di laboratorio, dovrà trovare nuovi spunti investigativi. «Intanto – spiega – una perizia calligrafica sui cartelli scritti a pennarello nero trovati sulla macchina di Vanacore e attribuiti allo stesso», contenenti le motivazioni del suo gesto: Venti anni di persecuzioni da innocente portano al suicidio. Il magistrato inquirente che ieri sera ha atteso nel suo ufficio in procura l’esito dell’autopsia, non si sbilancia oltre. «Rimane qualche dubbio sul livello di coscienza di Vanacore annegato in poca acqua ma per il resto – aggiunge – non abbiamo elementi tali da far cambiare l’indirizzo suicidario all’inchiesta». Quindi tutto è demandato al responso delle analisi.
Intanto ieri mattina il comandante del nucleo operativo dei carabinieri di Manduria, maresciallo Francesco Reccia, ha sentito la moglie di Vanacore, Giuseppina De Luca. Un colloquio durato meno di mezz’ora durante il quale la donna ha riferito lo stato di profonda prostrazione in cui si trovava il marito da quando aveva avuto la convocazione del tribunale di Roma che lo attendeva per domani, assieme a lei e al figlio Mario, per deporre insieme nella qualità di testimoni nell’interminabile processo sull’uccisione di Simonetta Cesaroni per la quale Pietrino Vanacore, venti anni prima, è stato accusato, arrestato e poi scagionato e, secondo quanto si dice, perseguitato sino alla morte. Oggi pomeriggio alle tredici si terranno i funerali nella chiesetta di Monacizzo.
Nazareno Dinoi
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