Paolo Gabriele, che compirà 46 anni domenica, è stato rinviato a giudizio per il reato di furto aggravato legato al cosiddetto scandalo Vatileaks sulla scomparsa e successiva pubblicazione di documenti riservati del Papa. Claudio Sciarpelletti, dipendente della Segreteria di Stato vaticana, nome nuovo in questa indagine giudiziaria e imputato per i reati di concorso nel reato di furto aggravato, violazione di segreto e favoreggiamento è stato rinviato a giudizio soltanto per quest’ultimo reato, mentre per i primi due il giudice ha dichiarato di non doversi procedere rispettivamente per insufficienza di prove e per carenza di prova.
Durante la perquisizione in casa di Paolo Gabriele sono stati rinvenuti anche un assegno per 100 mila euro intestato a Benedetto XVI, una pepita d’oro e un libro raro con l’edizione della traduzione dell’Eneide di Annibal Caro del 1581. Nella sentenza di rinvio a giudizio risulta che, alla contestazione tenuta nel corso dell’interrogatorio del 21 luglio da parte del giudice istruttore relativa al rinvenimento tra il materiale sequestrato il 23 maggio di questi tre regali indirizzati al Pontefice, Paolo Gabriele ha risposto: ”Nella degenerazione del mio disordine è potuto capitare anche questo”.
Emerge inoltre che il padre spirituale di Paolo Gabriele ha bruciato i documenti riservati che gli erano stati consegnati dal maggiordomo del Papa dopo averli sottratti al Pontefice. E’ quanto lui stesso ha testimoniato, secondo quanto risulta dalla sentenza di rinvio a giudizio.
Nel corso dell’interrogatorio Gabriele ha sostenuto di aver ”conosciuto tramite Internet sia il fatto che il giornalista Gianluigi Nuzzi stava preparando sull’emittente tv La7 la trasmissione ‘Gli Intoccabili’ sia l’indirizzo della redazione romana che era sito in via Sabotino”. Quanto alle ragioni per le quali Gabriele ha fornito a Nuzzi i documenti riservati del Papa, “erano sempre state quelle di venire incontro a un miglioramento della situazione ecclesiale e non mai quelle di far danno alla Chiesa e al suo Pastore”, assicura durante l’interrogatorio. ”Vedevo nella gestione di alcuni meccanismi vaticani una ragione di ostacolo o comunque di scandalo per la fede. Mi rendevo conto che su alcune cose il Santo Padre non era informato o era informato male. Con l’aiuto di altri come Nuzzi, pensavo di poter vedere le cose con più chiarezza”.
Su Paolo Gabriele è stata disposta una perizia psicologico-psichiatrica che ha stabilito che “la condizione personologica riscontrata non configura un disturbo di mente tale da abolire la coscienza e la libertà dei propri atti” ma “tenuto conto dell’assetto personologico accertato, si considera il soggetto suggestionabile e quindi in grado di commettere azioni che possono danneggiare se stesso o altri”.
Claudio Sciarpelletti è un impiegato tecnico informatico della Segreteria di Stato vaticana, nonché un conoscente dello stesso Gabriele. Dopo la perquisizione nel suo ufficio il giorno dopo l’arresto di Gabriele, durante la quale è stata rinvenuta su sua stessa indicazione anche una busta chiusa contenente documenti consegnatigli dallo stesso maggiordomo del Papa, Sciarpelletti è stato arrestato ma trattenuto per una sola notte. Il giorno dopo è stato scarcerato e prima messo in libertà condizionata e poi in libertà provvisoria, sospeso dal suo incarico ma non dallo stipendio.
Cittadino italiano, Sciarpelletti è nato a Roma e ha 48 anni. ”Non può considerarsi affatto un complice di Paolo Gabriele” ha tenuto a precisare padre Federico Lombardi nel corso della conferenza in sala stampa vaticana.
”Nel corso del suo interrogatorio – ha proseguito padre Lombardi – non sono state confermate le imputazioni più gravi relative ai reati di furto aggravato e di violazione di segreto ma è rimasta in piedi l’ipotesi di favoreggiamento, anche per le contraddizioni, le incoerenze e le incongruità emerse dalla deposizione. La sua, in ogni caso, resta una posizione marginale nell’ambito della vicenda giudiziaria”.
Nella sentenza di rinvio a giudizio il giudice scrive che “le indagini non hanno ancora portato piena luce su tutte le articolate e intricate vicende che costituiscono l’oggetto complesso di questa istruzione”. Lo stesso padre Lombardi, nella conferenza in sala stampa vaticana, ha confermato che “la sentenza emessa oggi di rinvio a giudizio è solo una conclusione parziale: l’istruttoria continua e rimane aperta, sia nei confronti delle stesse persone per altri reati, sia per altre persone, per verificare l’esistenza di altre eventuali responsabilità. Il compito della magistratura prosegue, nei tempi e nei modo opportuni”.
Per quanto riguarda Paolo Gabriele e Claudio Sciarpelletti, vi sarà un unico processo penale con un Tribunale costituito da tre giudici. La data non è ancora fissata ma in ogni caso se ne parlerà non prima della fine del prossimo mese, in quanto fino al 20 settembre il Tribunale è chiuso. La pena prevista dal Codice canonico per il reato per cui è imputato il maggiordomo del Papa va da un minimo di 1 a un massimo di 6 anni, salvo l’intervento di grazia da parte di Benedetto XVI, se rispondesse alla richiesta presentata dallo stesso Gabriele con una lettera-domanda affidata alla Commissione cardinalizia voluta dal Papa.
E in ogni caso, ha ricordato padre Lombardi, “i due imputati sono entrambi incensurati e quindi con la possibilità anche del perdono giudiziale” per quanto riguarda la pena da scontare. Non potrà invece esserci patteggiamento. Molto meno, “da nulla a poco” secondo quanto riferito da padre Lombardi, rischia invece l’impiegato informatico della Segreteria di Stato vaticana. Sia Paolo Gabriele che Claudio Sciarpelletti, il primo agli arresti domiciliari il secondo il libertà provvisoria, restano in sospensione cautelare ma con il pagamento dello stipendio.
(Adnkronos/Ign)
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