Vedo arrivare la fine dell’estate. E’ settembre. Il mese dei fichi. Le campagne di Maruggio sono “occupate” dai ramosi e contorti alberi di fico. Le varietà più coltivate sono: la fica necra (fico nero), la fica crossa, (grossa), la fracazzana (fracazzano) l’uttàta (dottato) la fica marangiàna (melanzana). Cuculìcchi (“scarto”) e culùmmi (fioroni) a parte.
La raccolta dei fichi avviene ogni due giorni. Chi vi provvede è tutta la famiglia: donne, fanciulli e uomini. Le donne, munite di panàru (paniere), e i fanciulli, muniti di panàrieddu (piccolo paniere), provvedono alla ccòta (raccolta) dei fichi che si trovano sui rami bassi; mentre gli uomini, armati di truèccu, provvedono alla ccòta alta. Lu truèccu è il bastone con nasello, “naturale” e contorto, utilizzato per uncinare e abbassare i rami dei fichi, senza ricorrere all’uso della scala di legno. I fichi, una volta raccolti, vengono spaccati a metà e fatti essiccare al sole sòbbra li cannèzzuri (cannicci). Al secondo giorno, nelle ore della controra, vengono rigirati. L’essiccazione è completata dal 7° al 10° giorno.
Dopo l’essiccazione si sistemano delicatamente a strati nelle cassette e vendute al migliore offerente con la complicità, quasi sempre a favore del compratore, del tramezzano. Per il consumo familiare i fichi secchi e li cuculìcchi vengono conservati nell’apposito capasuncièddu (piccolo contenitore di terracotta smaltato). Il fico da offrire per le grandi occasioni è la fica ccucchiata cu li mènduli (una mandorla tostata con un pezzettino di scorza di limone all’interno della leccornia). La coltivazione dei fichi a Maruggio è un’industria. E non è la sola industria presente in questo agro. Al Signor Giovanni Pisconti, infatti, gli è stata concessa l’autorizzazione amministrativa (febbraio 1964) per costruire alla contrada Capoccia (a pochi metri dal mare) un «complesso industriale» finalizzato all’allevamento di polli. Due grandi capannoni e tre ampi locali «provvisti di tutti gli accessori necessari per il suo funzionamento razionale (batterie per polli, incubatrice, frigoriferi, gruppo elettrogeno)». L’allevatore «pollaio», non solo ha ottenuto un finanziamento di 21 milioni di lire, ma gode anche della «riduzione del 70% sull’imposta di consumo dovuta sui materiali impiegati per la costruzione dell’impianto industriale». Si allevano e si macellano centinaia di pennuti al giorno. Di tutte le razze: Nana, Nana Riccia, Barbuta, Bionda, Bionda Piemontese, Ermellinata, Robusta e, perfino, Combattente. Non ci credete? Andate pure a controllare. Sono alcune razze di polli. Sopravivranno i nostri eroi-polli fino a che decreteranno l’abbattimento del loro pollaio? Nel 2009 per effetto della «deliberazione di giunta comunale» saranno «rimossi e smaltiti circa 2.000 mq di lastre ondulate in cemento-amianto poste a copertura di n. 2 capannoni ed n. 1 tettoia siti in agro di Maruggio alla contrada Capoccia per un importo di € 81.500,00 (quasi 158 milioni di lire)». Alla faccia dei polli e della mancanza di lungimiranza politica e ambientale. Poveri polli della razza Homo Sapiens.
Dal libro di Tonino Filomena “Gli occhi della memoria – Viaggio sentimentale nella Maruggio degli anni ’60”.
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