domenica 01 Dicembre, 2024 - 15:35:58

Verybello.it, una ferita alla cultura digitale

verybello.itLa cultura, in Italia, esiste ancora? Non parlo di quella cultura che abbiamo ereditato nei secoli: quella, magari malconcia, poco enfatizzata e poco promossa, quella c’è. Ciò che manca, o sembra mancare, è quella “cultura” che è più vicina al mondo al quale apparteniamo. Un mondo che è quello della cultura contemporanea, dei nuovi mezzi e dei nuovi media.

Oggi mi sento di essere distante mille chilometri, centinaia di migliaia di chilometri da questo Paese che sembra voler andare verso non so dove, ma non incontro a me, non certo verso il nostro piccolo settore di “cultura” che si chiama cultura digitale; c’è da dire che l’Italia non è mai stata – escluse alcune sporadiche eccellenze – un buon territorio per parlarne. Siamo troppo tradizionalisti, o forse solo troppo pigri per affrontare un’innovazione che corre veloce e che quindi è difficile da dominare, o anche solo da capire. Eppure, lo abbiamo fatto e lo facciamo con entusiasmo, con passione, e abbiamo sempre creduto che insieme a tanti altri, malgrado le irte difficoltà, potevamo riuscire a vedere oltre la siepe. Oggi, sinceramente, credo che questa possa essere una battaglia che perderemo tutti.

Oggi si è aperta una ferita, non so se insanabile (oggi sembra così). Mi domando: che senso ha parlare di cultura digitale in un Paese che propone – a nome dell’Istituzione principale della “cultura” in Italia, il Ministero che ne porta il nome – un sito per promuovere la cultura italiana che fa sanguinare gli occhi? Non voglio minimamente trattare tematiche che hanno un risvolto politico, e nemmeno personale: sono apolitico, e applaudo le iniziative e le scelte buone così come critico quelle cattive, seguendo un metro e un giudizio personale (quindi imperfetto e probabilmente nemmeno interessante), e non mi identifico in nessun partito. Il Ministro, Dario Franceschini (al quale mi rivolgo ora, per il resto di questo articolo/lettera aperta), ho avuto modo di apprezzarlo nella sua battaglia per uniformare la fiscalità del libro digitale a quello cartaceo (Un libro è un libro: ancora mi domando perché servisse ribadirlo, ma grazie per averlo fatto e per avere ottenuto questo pur parziale successo, Ministro Franceschini, le sono grato), ma non posso credere che i suoi occhi, Signor Ministro, possano avere avallato lo scempio di un sito che è una porcheria. Non posso tacere, guardando negli occhi – attraverso le fotografie della conferenza stampa – i responsabili di Expo e di altri Enti che erano con Lei a sorridere compiaciuti. Posso addirittura capire che a volte le cose non vengono come si era ipotizzato, ma il compiacimento e le parole di circostanza non sono accettabili, in questo caso: quel sito chiamato Verybello.it fa letteralmente e sinceramente schifo.

Non voglio cadere nell’ironia, quella “della rete”, come da Suo tweet. Amo l’ironia, ma non si può essere ironici quando si è feriti, e io lo sono: ferito. Da amante e difensore della cultura digitale, quel “sito” mi fa sanguinare. Nemmeno entro nelle scelte del nome (che è così dozzinale e privo di stile che non merita di essere contestato, andrebbe abbattuto), e non mi azzardo ad entrare nella questione “costi”, perché sono sicuro che il costo del progetto è superiore a quello “sensato”, ovvero quello che un singolo utente avrebbe potuto investire per avere un sito in WordPress molto più efficace, elegante e coerente (avete speso per la progettazione più di 50 dollari, vero? Fosse stato anche solo questo, l’investimento totale, sarebbe comunque troppo perché il risultato non è quello di un template da 50 dollari…).

No, non parlo di queste cose che spopolano in rete. Parlo di cultura. La cultura non si manifesta mettendo 1300 eventi “culturali”, ma sapendo che la cultura si deve manifestare in ogni sfumatura. Ma come faccio a parlare di sfumature, quando quello che vedo nemmeno sa cosa sono, le sfumature.

Potrei parlare di scelta dell’immagine simbolo, che propone una simbologia così diversa dalla cultura e della bellezza che si vorrebbe descrivere e che toglie anche rispetto all’integrità d’Italia (cavoli, Signor Ministro: nemmeno sono stati capaci di evitare di tagliare un pezzo di Italia, gli amici della Calabria e della Sicilia sono stati spazzati via!), chi è stato il/la picture editor che ha fatto la scelta di una Italia così cupa e tetra? Può chiedere per questa persona “responsabile” la pena capitale (metaforicamente parlando, s’intende) per avere reso una così insensata e imperfetta immagine all’Italia? Ma le scelte ancora peggiori sono relative ad una grafica che nemmeno abbozzata a matita su un foglio spiegazzato sarebbe risultata più imperfetta, le scelte tipografiche che fanno girare nella tomba i nostri avi della cultura del carattere, Manuzio, Bodoni, Novarese, eccetera. Non perché il Roboto e il Montserrat (le font usate per il sito) siano brutte, ma perché sono formattate e impaginate da apparire con la classe di uno sbronzo che rutta e sputa su una tavola imbandita: sono sbagliate le dimensioni, le interlinee, gli spazi pieni e quelli vuoti, lalarghezza delle colonne: tutto. Per non parlare di colori: scelte che nemmeno il più impreparato impiegato userebbe nella sua prima (e pessima) presentazione di PowerPoint. Chieda, signor Ministro, non solo a dei professionisti, ma anche ad un giovane e ancora acerbo studente di grafica (ne ho sottomano qualche centinaia, se vuole), e le confermeranno tutto…

Vogliamo parlare della tecnologia? Il sito è stato irraggiungibile per ore… non può esistere, Signor Ministro: i siti devono basarsi su infrastruttura tecnologica che possa sopportare tante richieste. Qualcuno le metterà in bocca scusanti quali: “non potevamo aspettarci un similesuccesso”, ma spero che lei si rifiuti di dichiararlo alla stampa e in qualche eventuale dibattito parlamentare… se non se lo aspettavano, vuol dire che non sono stati in grado di prevedere quello che è ovvio e forse a questo punto sarebbe meglio affidare progetti impegnativi a chi, invece, prevede il giusto. Un sito che non è raggiungibile per ore nella giornata di sua presentazione ufficiale è un fallimento anche da questo punto di vista. E, ancora, si tratta di un fatto di cultura. Una delle colpe di questo problema di inaccessibilità sta anche nel peso della home page… i siti lunghi sono “di moda”, ma bisogna essere capaci di gestirli, perché se no ogni chiamata della pagina sul server diventa un dramma. Ahh… una cosa: a Google le pagine uniche non piacciono, e in questo mondo l’opinione di Google conta parecchio, lo dica agli esperti che le racconteranno tante belle cose per giustificare il loro operato (non quando pochi in rete reclamano: quando vi accorgerete durante l’Expo che non sta funzionando nulla).

Non scenderei nella componente dei contenuti (i contenuti sono “cultura”, caro Signor Ministro), ma possibile che non sia venuto in mente a nessuno di spiegare il sito? Si, forse qualcuno dirà che c’è un post che anticipa un video (pessimo, Signor Ministro, anche perché non si capisce che si tratta di un sito, sembra un’app per iPad). E il titolo declama:

Verybello! Tutta la ricchezza dell’offerta culturale italiana da maggio a ottobre 2015.

Da quando la cultura ha la data di scadenza? Suvvia, Signor Ministro… chi è il copy o il titolista di tutto questo? Fa ridere… no, ferisce…

Pensa che siano sufficienti le frasi ad effetto e i sorrisi della conferenza stampa e gli articoli dei media sornioni (le hanno detto, Ministro, che ormai le persone reputano più credibili e affidabili i motori di ricerca, e sempre meno i media? Qui, nel caso, c’è un sondaggio che ne parla). Una introduzione che dice quali sono gli obiettivi, qualche consiglio, qualche orientamento…

Non parlo della mancanza delle lingue straniere (ne hanno parlato in tanti, fa ridere però un sito che parla in Italiano – anche solo agli inizi – e che si rivolge agli stranieri) o delleprogrammazioni che non solo non funzionano ma addirittura sono incomprensibili nell’uso (anche di questo ne hanno parlato altri). Vorrei solo che capisse che questo sito non è cultura. Che nessuno, in primis Lei che deve difendere la Cultura Italiana per il ruolo che le è stato dato, nessuno può affiancare la parola “cultura” a questa schifezza. Se le persone di Cultura (ci auguriamo che ne vengano tante, per l’Expo: gente di cultura) dovessero vedere questo sito, avrebbero una sola certezza: che la cultura, in Italia, non esiste più. E quello che rimane, potrebbero ben vederlo online, senza mischiarsi con una Nazione che appare così priva di concretezza e valore.

Buttiamolo giù questo sito (è facile, basta un click). Non siamo capaci… evidentemente non siamo capaci di farne uno che funziona. Oppure pensiamo ad un restyling, ne conosco nel mondo diversi, molto bravi (ma chiunque potrebbe consigliare qualcosa o qualcuno che farà meglio, glielo assicuro). Oppure facciamo un concorso, beninteso a costo zero (già si è speso tanto… immagino): chi vorrà proporre qualcosa di buono e gratis, per il bene dell’Italia, si faccia avanti. Però bisogna correre, troppo tempo si è passato per costruire questa schifezza, e ancor più tempo a non vedere qualcosa che è evidente.

Questa non è contestazione, non è ironia controcorrente. Non è polemica. E’ dolore. E’ che una parte degli italiani si vergogna di essere italiana, se non vengono rispettate quelle componenti di serietà. Non funziona più essere i giullari che suonano il mandolino e fanno la pizza. Se l’Expo è un momento per rivitalizzare la nostra economia (ho dei dubbi, ma voglio fidarmi), non possiamo presentarci così. La cultura (l’amore per la cultura) ce lo impedisce.

Se non è possibile chiudere Verybello.it, se non si può modificare, chiedo eventualmente un ultimo favore, se possibile: inserire una pagina chiamata “NOT IN MY NAME”, con la lista dei nomi di coloro che dichiarano che questo sito non è stato fatto in nome loro (il mio lo trova in calce a questo articolo). Grazie, e buon lavoro a tutti.

LUCA PIANIGIANI – Giornalista specializzato in fotografia professionale e cultura dell’immagine.

Fonte: http://www.jumper.it/verybello-ferita-cultura-digitale/

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