Le pettole “li pettuli” sono pallottole di pasta lievitata molto morbida fritte nell’olio bollente, tipiche delle regioni Puglia e Basilicata.
Le “pettole” sono parte integrante della tradizione gastronomica salentina: presso le famiglie di Maruggio si preparano e si gustano in occasione della Vigilia dell’Immacolata, dando inizio alle festività natalizie. C’è un proverbio che dice: Ti la Mmaculata la prima ffrizzulata, ti la Candilora l’ultima frizzola, cioè: Nel giorno dell’Immacolata, la prima preparazione di pettole, nel giorno della Candelora, l’ultima.“Ti la Mmaculata la prima firsurata”!
La loro origine è legata ad un’antica leggenda del Medioevo.
Il nome della “pettola” deriverebbe dal latino “pitta”, piccola focaccia. A scoprirla sarebbe stata una donna che, intenta a preparare il pane per il pranzo di Natale, fu distratta dal passaggio di alcuni zampognari attorniati da una gran quantità di curiosi. La donna conquistata dalle musiche natalizie dimenticò l’impasto. Tornata a casa, ebbe l’amara sorpresa di constatare l’eccessiva lievitazione della pasta che ormai era inutilizzabile. Presa dallo sconforto la donna prese la pasta e, dopo averla fatta a piccoli pezzi, la gettò in una pentola di olio bollente. Con grande sorpresa la donna noto che l’impasto cominciò allora a gonfiarsi e a dorarsi. Nacquero così “li pettuli”
A Maruggio come tradizione vuole che le pettole vengono preparate il 7 dicembre, ovvero il giorno della vigilia dell’Immacolata Concezione, per poi essere riproposte nel periodo natalizio. In molte altre località, la data di inizio della preparazione delle pettole è invece la festa dell’Immacolata Concezione, l’8 dicembre. L`usanza locale prevede il consumo, oltre che delle già menzionate pettole del vino novello, anche di carni arrostite alla brace, particolarmente di cavallo e di maiale. In alcuni comuni del sud-est barese, come Rutigliano è consuetudine prepararle il giorno di Santa Caterina, il 23 novembre. Si usa ancora prepararle recitando preghiere.
Possono essere rustiche o dolci, semplici o ripiene, e spesso vengono usate in sostituzione del pane, oppure come antipasto. In tutte le varianti, si realizzano utilizzando farina, di birra, acqua e sale, la pasta deve risultare piuttosto fluida per poterla versare nell’olio senza fare un panetto solido destinato ad inzupparsi di olio. La forma può essere quella della “pallottola”
La ricetta tipica usata a Maruggio è quella che le vede cosparse di zucchero, ma anche di sale. In altre zone della Regione è possibile degustarle ricoperte di vincotto o vincotto di fichi o miele, ma volendo si possono riempire con piccoli pezzi di baccalà lessato o di alice salata, oppure con un broccoletto di cavolo cotto a metà.
La ricetta
Ingredienti:
Farina 00 500 gr
1 cubetto di lievito di birra
Sale grosso mezzo cucchiaio
375 ml Acqua tiepido
Olio per friggere q.b.
Zucchero semolato o miele q.b.
Procedimento:
Per preparare le pettole, setacciate la farina in una ciotola,, fate al centro una fontana e scioglieteci il lievito di birra con poca acqua tiepida. Sciogliete nell’acqua rimanente il sale grosso e versatela a filo poco alla volta sulla farina. Impastate con le mani per ottenere un impasto molto morbido e colloso, se necessario aggiungete altra acqua. Dividetelo in due parti quindi mettete subito una di esse in una ciotola, coperta da un foglio di pellicola, a lievitare in forno spento con la luce accesa per circa 2 ore. Quando l’impasto avrà raddoppiato di volume, predisponete sul fuoco una pentola capiente con abbondante olio di semi per friggere le pettole. Appena l’olio sarà ben caldo, con un cucchiaio prelevate poco impasto alla volta, bagnate un dito in poca acqua e fate scivolare con esso dal cucchiaio la pallina di impasto direttamente nell’ olio, in modo da creare i caratteristici gambi. Continuate così fino a che non avrete terminato prima l’impasto: le pettole devono essere belle dorate da entrambi i lati, quindi in cottura giratele con una pinza. Toglietele dall’olio e fatele scolare su carta assorbente: quelle alle olive saranno già pronte per essere mangiate così come quelle semplici.
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