Roma, 8 novembre – Le voci circolanti in contesto Vaticano sono quelle di una costante difficoltà da parte di Papa Francesco a reggere la “politica” che, all’interno delle stanze e corridoi del Vaticano stesso, in questi mesi, si sta sviluppando. La domanda resta sempre la stessa. Dove va Papa Francesco e dove va il Vaticano, ovvero la Chiesa che nomina, incarica, dichiara? Quale è il rapporto tra il pensiero del Papa e la posizione della Cei? Il problema si pone con insistenza anche perché in alcuni ambienti circolano addirittura voci di probabili dimissioni, magari non in tempi ravvicinatissimi, del Papa. La mia posizione sulle “posizioni” progressiste di Papa Francesco restano sempre le stesse. Troppe versioni “liberatrici ” e poca durezza su alcuni temi lo hanno immediatamente indebolito, anche perché partiva già da una dimensione post conciliare conflittuale. Ma questo non significa che spingo o gradirei le sue dimissioni. Anzi, in questa circostanza, tutto il contrario. Ma Francesco non può continuare a fare e a considerarsi il “parroco” di campagna giunto in città. Deve fare il Papa. Non può insistere nel dire chi sono io per giudicare. Il problema è qui. O decide di essere e di fare il Papa, soprattutto dopo il gioco contrastante e prevedibile del Sinodo, oppure deve avere la consapevolezza che lasciando la Chiesa della debolezza, che ha oggi tra le mani, questa stessa Chiesa diventerà la Chiesa della fragilità di un potere costituito. Ma quella debolezza può diventare fortezza con la semplicità e la chiarezza di mettere ordine ad una Chiesa paolina e non pietrina. Il vero scontro è proprio qui. Dopo Giovanni Paolo II non c’è stata la sintesi tra l’Antico Testamento e il Vangelo. La teologia di Benedetto XVI non è stata ben compresa né dall’immaginario popolare né dalle correnti laiche del cattolicesimo, ma oggi possiamo considerarlo il vero Papa della Rivoluzione nella tradizione, soprattutto con i suoi scritti su Gesù e su Paolo. Il legare il logos vetero testamentario con il Vangelo era nello spazio teologale di Papa Benedetto. Papa Francesco supera sia il messaggio teologale sia il percorso mistico per incentrarsi su una dottrina del post progressismo. Praticando questa scuola non avrà spazio. È la visione paolina che dovrà recuperare che è quella dell’agorà, ma anche del Tempio. La lettura post ideologica è uno scavo che non permette di governare, perché un Papa deve anche governare. La Chiesa deve diventare Fortezza spirituale, metafisica e culturale. Mi auguro che Papa Francesco smetta le vesti del curato di campagna e faccia il Papa in un tempo in cui si ha bisogno di recuperare Identità Tradizione e Memoria.
Pierfranco Bruni – V. Presidente nazionale, Sindacato Libero Scrittori – Roma
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